Si mormora che uno dei principali motivi per cui la pirateria continui a perseverare sia l’elevato costo di accesso ai contenuti digitali. Quindi è sufficiente abbassare i prezzi per contenere la pirateria? Sì e no, ma soprattutto qual è il prezzo giusto? Dipende è la risposta migliore che si possa dare poiché, nella definizione del prezzo di vendita di qualsiasi cosa messa in vendita, intervengono molteplici fattori.
Ne vale la pena?
Per prima cosa qual è il valore che attribuiamo a ciò che stiamo per acquistare? In generale, tendiamo a conferire un valore superiore ai beni fatti di atomi mentre siamo propensi a svalutare quelli fatti di byte. Anche perché si sa, se è digitale prima o poi sarà anche gratis.
La percezione del valore dipende:
- dai gusti personali, ma l’appartenenza a un determinato gruppo può incidere sulla percezione del valore: Apple docet;
- dalle conoscenze personali sul prodotto/servizio;
- dal tasso di innovazione presente nel prodotto che si intende acquistare;
- dal contesto di acquisto.
Ma quanto mi costa?
A quanto ammonta il costo reale di un acquisto? Quando un cliente considera il costo di qualcosa, nei fatti tiene in considerazione diversi elementi:
- il costo in termini di moneta sonante;
- il costo in termini di tempo speso per usufruire del prodotto acquistato (tempo che non potrà essere investito in altri modi);
- il costo in termini di energie mentali per portare a termine la scelta d’acquisto.
Perché è così difficile?
Ma alla fine della fiera che si scelga di impulso o che si rifletta con attenzione su cosa investire, la scelta è faticosa, complessa e articolate che non sappiamo portarla a termine in modo autonomo e quindi scegliamo qualsiasi cosa che sia stata scelta per noi. Almeno è quello che risulta dalle ricerche di Dan Ariely.
Peep Laja, prendendo spunto dall’intervento di Ariely, ripropone le migliori sperimentazioni sui prezzi – pensate per indurci a comprare:
L’esca
Se offrite due prodotti affini, ma diffrenti – un viaggio a Roma all inclusive e uno a Parigi sempre all inclusive – la scelta si presuppone difficile per i potenziali acquirenti, ma se si mette una terza opzione che equivale ad uno dei due prodotti ma privo di un benefit (viaggio a Roma senza prima colazione) allora risulterà molto più facile per gli acquirente fare una scelta tra due prodotti questa volta più simili tra loro. Tutto ciò ci insegna che è bene inserire un’esca simile al prodotto che ci interessa vendere di più.
La prova del nove
Siamo tutti d’accordo che un centesimo non cambia la vita a nessuno, ma le ricerche dicono che i prezzi che terminano in 9 invece che per cifra tonda hanno una maggiore efficacia in termini di vendite. Dalle parti di iTunes ne sanno qualcosa.
Ancore e aggiustamenti
Niente è caro di per sé: tutto è relativo a ciò che ci sta in torno. Quindi un prezzo se comparato a un altro più alto tenderà ad apparire ancora più basso. È un processo automatico e non possiamo farci niente, ma conoscere i prezzi della concorrenza può fornire un vantaggio mentale interessante.
Pay what you want
L’esempio più noto in ambito entertainment di pagamenti volontari è forse l’album In Rainbows dei Radiohead che, scaricato un milione e ottocento mila volte, generò una media di 2.26$ per album; comunque un successo per la band che non avendo avuto costi di inventario, stoccaggio e spedizione, ottenne un guadagno superiore rispetto a tutti gli altri album.
Tuttavia il sistema del pay what you want funzioni al meglio se si verificano le seguenti condizioni:
- A product with low marginal cost
- A fair-minded customer
- A product that can be sold credibly at a wide range of prices
- A strong relationship between buyer and seller
- A very competitive marketplace.
Freemium
Le stime indicano un rapporto di 1 a 19: vale a dire che per ogni utente che accede a una versione avanzata di un servizio ne esistono 19 che accedono allo stesso servizio, in versione base e gratuitamente. Il modello sembra funzionare bene se riusciamo a innescare degli effetti di network; funziona bene soprattutto come strumento di marketing, ma sembra più incerto come modello di azione a lungo termine soprattutto se non si riesce ad ottenere una posizione di forza sul mercato e se si è un’impresa di piccole dimensioni.
Ma la pirateria non ha prezzo
Gratis è sempre meglio di poco? Anche in questo caso l’unica risposta sensata è dipende. La breve ricognizione sulle sperimentazioni sui prezzi sono utili per comprendere le complessità aziendali e compertamentali che stanno dietro alle dinamiche di prezzo. Inoltre, le indagini che ho riportato si riferiscono a mercati spesso molto lontani da quelli digitali e delle industrie culturali. Quindi che fare? Le indicazioni più immediate possono essere riassunte così:
- Subito è meglio di gratis
- I fan sono i pagatori migliori
- Fare meglio della pirateria paga
- L’ascolto è il prezzo migliore
Related articles